9 MARZO, BUCAREST (ROMANIA).
Calin Georgescu non è stato ammesso alle elezioni presidenziali che si terranno in Romania a maggio. L’Ufficio Elettorale Centrale ha respinto il suo dossier, formalmente per la sua dichiarazione patrimoniale, che differisce in modo significativo da quella del novembre 2024. Georgescu potrà presentare ricorso. La non ammissione alle elezioni si inserisce in un filone già visto nell’ambito delle democrazie occidentali, volto alla neutralizzazione di leader populisti identificati come “antisistema”. Davanti alla sede dell’Ufficio Elettorale Centrale sono esplosi scontri tra sostenitori di Georgescu e polizia in antisommossa. I manifestanti hanno sfondato le recinzioni e ribaltato un camioncino della rete televisiva DIGI.
1 MARZO, VENEZIA (ITALIA).
Riceviamo e diffondiamo, a proposito del corteo contro la guerra in epoca di carnevale. “Ancora in piazza al fianco del popolo palestinese, anche se l’attenzione cala, la kefiah passa di moda, e i colori palestinesi lasciano il posto ad altre casacche… Il genocidio non è finito, si è “geograficamente spostato”, ma l’infamia in atto continua; (…) Ancora in piazza contro il conflitto in Ucraina, che in tre anni di guerra per gli interessi delle borghesie occidentali, da decenni impegnate per espandersi ad est a danno della Russia (Donbass ed EuroMaiden), ha dimostrato come lo scontro tra poli imperialisti miete vittime tra i proletari russi e ucraini, scaricando i costi economici della guerra sulla classe oppressa europea. Ancora in piazza per ricordare che alla guerra capitalistica si può rispondere solo con la diserzione (…)”. Testo integrale QUI.
9 MARZO, LECCO (ITALIA).
Contributo dei compagni di Assembly alla giornata di discussione contro la reintroduzione della leva obbligatoria in Europa, per il disfattismo anarchico. “In generale, possiamo dire che nulla è cambiato rispetto alla mobilitazione e agli atti di diserzione e rivolta rispetto all’anno scorso, tranne che le persone in strada sono ora un po’ più attive nel combattere i cacciatori di teste, e il desiderio di vendicarsi di coloro che li hanno spinti ad arruolarsi nell’esercito è aumentato tra i militari. Alla fine di febbraio, c’è stato un caso del genere a Voznesensk, nel sud dell’Ucraina: un militare che aveva abbandonato senza autorizzazione l’unità (SZCh), ubriaco, ha lanciato una granata F-1 sul terreno del centro di arruolamento a causa di una lite con la moglie e di una “percezione negativa delle loro attività” (l’esplosione ha messo fuori uso due auto di servizio, l’uomo è stato preso in custodia senza che fosse determinato l’importo della cauzione e ha ammesso la sua colpevolezza). Possiamo dire che la popolazione oggi non è più una mandria di sofferenti plagiati e che il regime sta iniziando a sentire la terra bruciare sotto i piedi? Sì, possiamo, ma con molta cautela, quasi come affermare che i coccodrilli stanno volando. Il pubblico, stanco della guerra, preferisce affidarsi a Trump e Musk, dimostrando la stessa mentalità coloniale dei Maidanisti da loro odiati: “finalmente è arrivato un buon padrone d’oltremare invece di uno cattivo, risolverà tutti i nostri problemi per noi e ci salverà dall’oppressione della banda verde [Zelensky e i suoi accoliti]. E finché le forze speciali americane non arriveranno a prendere d’assalto l’ufficio presidenziale, dovremmo nasconderci, sederci e aspettare“. Noi ne abbiamo scritto una settimana fa: “Per la generazione precedente, intrappolata nelle trincee del tritacarne “di posizione”, tre anni dal momento in cui era iniziata la guerra erano stati sufficienti per realizzare la Rivoluzione di febbraio attraverso uno sciopero generale e la presa della capitale da parte dei soldati ribelli, nonché per scuotere la sedia sotto Kerenskij, che chiedeva di continuare a combattere. Né la mancanza di Internet, né l’analfabetismo della maggioranza della popolazione, né il sostegno alla continuazione della guerra da parte degli alleati dell’Intesa hanno impedito questi eventi. Senza andare in un passato così lontano, a gennaio di quest’anno c’è stato il terzo anniversario della rivolta della classe operaia del Kazakistan, annegata nel sangue dalle forze di sicurezza locali con il supporto dell’esercito russo e su richiesta del capitale occidentale. Per molti versi, è stato un esempio di come non agire, ma questo è il suo valore: come primo tentativo di rivoluzione sociale nei paesi post-sovietici . Qualcuno è interessato a studiare questa esperienza? Nessuna unione di massa per difendere anche i più basilari diritti umani nella Repubblica Antipopolare dell’Invincibilitistan si è ancora osservata, e poche persone vogliono anche solo discuterne al momento. Il paziente è più morto che vivo”. Naturalmente, possiamo anche aggiungere che un mese fa il primo agente di arruolamento è stato ucciso nella regione di Poltava. Sebbene non abbia cambiato nulla, forse i cacciatori di teste hanno iniziato a operare un po’ più attentamente.”
14 MARZO, TORINO (ITALIA).
“Life Not War” è la scritta dipinta sulla ciminiera all’interno del quartier generale di Leonardo Spa, in corso Francia a Torino. Protesta degli attivisti di extinction rebellion a pochi giorni dall’approvazione del piano ReArm Europe proposto dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen per investire nella difesa e riarmare l’Europa.
15 MARZO, TRENTO (ITALIA).
Contro le piazze guerrafondaie “per la libertà” lanciate dai sinistri, segnaliamo: “Questo sabato 15 marzo ci sarà anche a Trento una “piazza per il riarmo europeo”, convocata dal giornale “Il Dolomiti”. Vi prenderà parte – tra gli altri politicanti – anche l’immondo sindaco Ianeselli (PD), già responsabile della devastazione ad alta velocità di Trento e dintorni. Chi odia le guerre dei padroni e non intende pagarle con decenni di lacrime e sangue è chiamato a scendere in piazza”.
14 MARZO, ODESSA (UCRAINA).
Uno dei principali esponenti dell’estrema destra ucraina e delle sue squadracce, Demian Hanul, è stato assassinato a colpi di pistola. Il sospettato, al momento detenuto, è un disertore dell’esercito. “Il 23 febbraio 2025 il sospettato era stato messo nella lista dei ricercati come persona che ha arbitrariamente abbandonato l’unità militare“, ha dichiarato il capo della polizia ucraina.
FEBBRAIO, (RUSSIA).
Gli Yupik, anche conosciuti come Eschimesi, sono una popolazione nativa nell’estremo est della Russia, già colonizzata e oggi ulteriormente decimata dalla guerra in Ucraina. Le comunità erano già in pericolo per la competizione intorno alle preziose risorse naturali e per la crescente militarizzazione dell’Artico che coinvolge Stati Uniti, Cina e Russia. Le abilità nella caccia dagli uomini li hanno resi allettanti per la macchina da guerra e un numero proporzionalmente significativo è stato costretto a combattere in Ucraina. “Ci sono probabilmente 20 ragazzi del mio villaggio che combattono per la Russia, e cinque sono morti finora“, ha dichiarato un membro di una comunità intervistato da Metro. “Ci siamo trovati a vivere in insediamenti trattati come una superficie per attività nucleari e altre attività militari e per l’estrazione di risorse naturali“.