Il genocidio riorganizzatore.

Nel contesto di sbandierati “accordi di pace” con cui impresentabili personaggi vorrebbero disarmare la resistenza in Palestina e di scellerate manovre delle cancellerie europee che vorrebbero ad ogni costo far precipitare la guerra contro la Russia allargando il massacro delle popolazioni sacrificabili sul fronte orientale, prefigurando la macabra sequenza distruzione/spopolamento ricostruzione/riordinamento, appare utile la lettura di una stralcio del seguente testo – “Israele e la terra bruciata in Guatemala”. Le pratiche di tortura e genocidio attualmente in atto in Palestina emergono non come “evento” eccezionale, ma come uno degli esempi estremi di quella modalità “riorganizzatrice” propria della macchina da guerra tecno-capitalista.

Lo sterminio delle popolazioni maya in Guatemala negli anni Settanta e Ottanta dimostra come l’internazionalismo autoritario come complicità genocida sia una pratica sociale volta alla riorganizzazione spaziale e all’integrazione di complessi scientifici-militari-industriali niente affatto nuova. Sotto le dittature di Lucas Garcia (1978-82) e Ríos Montt (1982-83), lo Stato guatemalteco, con il supporto tecnico-militare di Israele, Stati Uniti e Taiwan, perpetrò un atroce genocidio contro le popolazioni originarie, in particolare i Maya Ixil, con l’uso sistematico di napalm, tortura e sparizioni. Durante la sanguinosa guerra civile, l’esercito, in risposta al noto concetto maoista secondo cui “la guerriglia, sostenuta dal popolo, si muove al suo interno come un pesce nell’acqua“, mise in pratica la strategia del “togliere l’acqua al pesce”, ovvero distruggere individui e comunità per annientare il sostegno popolare alla resistenza e spopolare vaste aree di terra da depredare. È così che lo Stato razzista pianificò eseguì e giustificò uno dei genocidi più crudeli e impuniti dell’America Latina, provocando 200mila morti, di cui 130mila nel corso della sola operazione “terra bruciata”, un milione e mezzo di sfollati, 150mila rifugiati in Messico, 50mila desaparecidos. I maya come palestinesi ante litteram, potremmo senz’altro dire.

Forse la cifra più significativa della contemporaneità è il fatto che la categoria di nemico interno si sia estesa a situazioni di bassa conflittualità reale, per assumere alle nostre latitudini un carattere sostanzialmente preventivo contro quella “acqua” che non è rappresentata tanto (lo è ancora a Gaza e altrove) da una tenace resistenza popolare, quanto da quella parte di popolazione che ovunque è “eccedente”, “sovrannumeraria”, rispetto alle logiche della produzione, del consumo, della valorizzazione finanziaria e dunque, per la sua semplice esistenza, d’intralcio all’ordine del tecno-capitalismo. Un’umanità inutile per il capitale, o forse utile semplicemente per sperimentare sulla sua pelle svariate innovazioni tecnologiche per poi essere eliminata in caso dia problemi, magari con gli stessi strumenti di sterminio automatizzati per il cui affinamento è stata cavia.

Alcuni territori spopolati dalla politica della terra bruciata in Guatemala sono oggi diventati zone di concessioni petrolifere, dove militari, grandi imprese e narcos controllano il territorio. Si tratta della concreta manifestazione di un modello tecno-capitalista militarista “alimentato dal terrore, dal genocidio riorganizzatore“.

Israele e la terra bruciata in Guatemala*.

A proposito dell’attuale campagna genocida condotta dal complesso militare-industrialei israeliano a Gaza, che secondo le parole della relatrice delle Nazioni Unite Francesca Albanese è destinata a diventare il “più grande atto di pulizia etnica nella storia di questa terra tormentata” (Democracy Now, 2023), dall’America Latina è doveroso denunciare la razionalità storica del “genocidio riorganizzatore”ii (Feierstein, 2007) perpetrato dallo Stato sionista di Israele. Una razionalità che ha segnato momenti atroci della storia recente della nostra regione e in cui il complesso militare-industriale israeliano ha avuto un peso significativo, come nel caso dell’esportazione di armi ai governi militari del Cile. (Pérez, Triana, 2023). In questo testo approfondiremo i profondi legami di Israele con il genocidio più atroce della storia recente del subcontinente: la politica della terra bruciata in Guatemala, evento in cui settori dell’estrema destra di quel paese hanno utilizzato espressioni come la “palestinizzazione dei ribelli indigeni Maya” (Black, 2007; Schivone, 2017).

La lunga guerra civile guatemalteca scatenata da una serie di colpi di Stato militari di destra sostenuti dalla Central Intelligence Agency (CIA) ha vissuto i suoi anni più crudeli alla fine degli anni ’70 e nella prima metà degli anni ’80. I livelli di crudeltà umana portarono persino alla congestione del governo statunitense, che portò l’amministrazione Carter a cessare formalmente gli aiuti militari al Guatemala nel 1977 (Carmon, 2012). Questo lavarsi le mani da parte degli Stati Uniti non limitò in realtà il sostegno militare alle dittature guatemalteche. I funzionari statunitensi che sostenevano le dottrine “anticomuniste” e le campagne dittatoriali della strategia continentale di “sicurezza nazionale” erano contrari alla cessazione degli aiuti militari al Guatemala e cercarono di colmare questo vuoto “incoraggiando le attività israeliane come mezzo per integrare l’assistenza statunitense ai governi amici in materia di sicurezza” (Taubman, 1983). Sfruttando le buone relazioni diplomatiche esistenti tra Guatemala e Israele, derivanti dal fatto che “il Paese centroamericano è stato il secondo al mondo, dopo gli Stati Uniti, a riconoscere l’esistenza di uno Stato ebraico nel territorio di quella che all’epoca era conosciuta come Palestina, il 14 maggio 1948” (Wallace, 2017), si favorì un coinvolgimento militare israeliano in America Centrale, proprio a partire dal 1977, anno in cui “i presidenti Laugerud García del Guatemala ed Ephraim Katzir di Israele hanno firmato un accordo di supporto militare” (Movimento BDS, 2020).

Il supporto militare israeliano allo Stato dittatoriale guatemalteco comportò “principalmente la vendita di armi, l’addestramento militare e la consulenza nelle operazioni di intelligence” (Taubman, 1983), per cui vennero forniti all’esercito guatemalteco i famosi fucili automatici UZI, “11 aerei IAI Arawa, 10 blindati RBY-MK, 15mila fucili Galil, centinaia di mortai da 81 mm, bazooka, lanciagranate, tre guardacoste Dabur, un sistema di trasmissioni tattiche, un circuito radar e 120 tonnellate di munizioni” (Movimento BDS, 2020); venne costruita una fabbrica di armi nella provincia di Alta Verapaz da parte dell’azienda israeliana Eagle Military Gear Overseas (EMGO); si implementò l’addestramento operativo, sia in Israele che in Guatemala, con la fondazione della Scuola di Trasmissioni ed Elettronica dell’Esercito “progettata e finanziata da Israele in Guatemala e inaugurata da Benedicto Lucas García, per addestrare i militari guatemaltechi all’uso delle cosiddette tecnologie di controinsurrezione” (Ibid, 2020).

Israele giustificò la propria presenza in Guatemala con la scusa dell’anticomunismo e dell’espansione del proprio mercato di armi (Carmon, 2012). Tra le aziende militari israeliane legate al terrorismo di Stato in Guatemala, possiamo citare la società di sicurezza Sistemas Internacionales de Seguridad y Defensa (ISDS), che ha venduto al governo del Paese centroamericano corsi di “terrorismo selettivo” (Cortés-Gálan et al., 2019). Cortés Galán, Mantovani e Santa Cruz sottolineano che:

“(…) l’ISDS si è specializzata negli interrogatori e nella sorveglianza dei prigionieri in America Latina. Nel contesto delle dittature in cui ha operato l’ISDS, l’azienda israeliana è collegata alle pratiche diffuse di tortura e detenzione illegale. (…) Secondo Carl Fehlandt, ex trafficante d’armi dell’ISDS in Guatemala tra il 1982 e il 1986, ‘il governo israeliano controlla l’ISDS e chi comanda è il Ministro della Difesa’.” (Cortés- Galán et al., 2019).

L’addestramento israeliano era così approfondito che nel 1982 il militare golpista Efraín Ríos Montt dichiarò in un’intervista alla ABC News che “i soldati israeliani sono il modello dei nostri soldati”, sottolineando che il loro successo militare era dovuto al fatto che “i nostri soldati sono stati addestrati dagli israeliani” (Carmon, 2012). Esistono persino prove che i consulenti militari israeliani abbiano influenzato il colpo di Stato militare che portò Ríos Montt alla presidenza nel 1982 (Movimento BDS, 2020).

In questo contesto, nel 1974 è stato creato il corpo d’élite antisovversivo Kaibil, caratterizzato da crudeltà e perdita di ogni umanità, che descrive i propri membri come “macchine per uccidere”. Queste forze, secondo il documento “Memoria del silenzio” (elaborato dalla Commissione per il chiarimento storico guatemalteca), hanno commesso il 93% dei crimini durante gli ultimi 20 anni di guerra (Hernández, 2023) e oggi, secondo le rivelazioni di Guacamaya Leaks, addestrano gruppi di sicari della criminalità organizzata in Messico (Camacho, 2022; Pachico, 2012).

Il ruolo storico dell’amministrazione di Ríos Montt passerà alla storia per aver perpetrato un genocidio e crimini contro l’umanità con la sua politica della “terra bruciata” attuata attraverso i piani “Operazione Sofia”, “Victoria 82” e “Fucili e fagioli”. Tramite queste strategie, la popolazione maya del Paese iniziò ad essere classificata come “nemico interno sospetto”iii dello Stato dittatoriale. Queste strategie venivano apertamente descritte con l’espressione “palestinizzazione della popolazione maya ribelle” (Black, 2007; Schivone, 2017). 

L’attuazione di tali piani “ha provocato morti, violenze, sfollamenti, persecuzioni, bombardamenti e sottomissione distruzione del gruppo etnico Maya Ixil”iv (Azevedo, 2016). In modo sistematico, sono stati commessi massacri nei villaggi delle popolazioni indigene, giustificati con la logica controinsurrezionale del “togliere l’acqua al pesce”v, durante i quali sono state trovate prove del sostegno israeliano, come nel caso del massacro di Dos Erres nel Petén, in cui durante un’esumazione ordinata dal tribunale, gli investigatori che lavoravano per la Commissione per la Verità del 1999 hanno citato quanto segue nella loro relazione forense: “Tutte le prove balistiche recuperate corrispondevano a frammenti di proiettili di armi da fuoco e capsule di fucili Galil, fabbricati in Israele” (Movimento BDS, 2020).

Secondo le stime del rapporto della Commissione per il Chiarimento Storico del Guatemala (CEH), questa politica ha causato la morte di 200.000 esseri umani, di cui circa l’83% erano Maya, motivo per cui è stata classificata come genocidio. Al contempo, i sopravvissuti sono fuggiti in Messico o sono stati trasferiti in villaggi strategici chiamati “villaggi modello”, dove sono stati indottrinati con un’ideologia anticomunista e predicazioni evangelichevi. Alcuni territori svuotati dalla terra bruciata sono diventati zone di concessioni petrolifere, dove i militari esercitano un grande potere decisionale. Aviva Chomsky sottolinea che la distribuzione delle terre tra generali e compagnie petrolifere è talmente rilevante che un distretto dell’Alta Verapaz, destinato all’estrazione di petrolio, è persino denominato “l’area dei generali” (Chosmky, 2021), il che permette di inferire un legame tra anticomunismo, razzismo e l’attuazione di un modello capitalista militarista alimentato dal terrore, dal genocidio riorganizzatore.

Oggi, le relazioni diplomatiche del Guatemala con lo Stato di Israele sono molto solide, con la firma dell’accordo di libero scambio tra i due paesi nel 2022 e il trasferimento dell’ambasciata guatemalteca a Gerusalemme nel 2018 (due giorni dopo gli Stati Uniti). La promozione del mercato degli armamenti israeliano continua a destare preoccupazione con la firma di questi accordi di libero mercato, così come la sua presenza simbolica nella “guerra culturale” che si sta combattendo contro le cosmovisioni Maya in questo paese. […]

* Alberto Hidalgo, 2023

testo originale: Israel y la tierra arrasada en Guatemala

iSistema o insieme di organizzazioni, imprese ed enti correlati che attuano produzione, sviluppo e gestione in ambito militare, il che include la fabbricazione di armi, attrezzature militari, tecniche di guerra, nonché la ricerca e lo sviluppo nel campo della difesa e della sicurezza nazionale.

iiFeierstein utilizza il concetto di genocidio riorganizzatore poiché sostiene che esso non ha solo lo scopo di distruggere i corpi di una comunità definita come “l’altro – il nemico”, ma cerca anche di distruggere le relazioni sociali e spaziali per imporre un nuovo ordine o modello di territorialità secondo gli obiettivi del perpetratore, in questo caso l’occupazione illegale del territorio palestinese.

iiiAlfred Kaltschmitt, ex funzionario pubblico durante l’amministrazione Montt, in un’intervista per il film “El buen cristiano” sottolinea che “le cellule (guerrigliere) composte da famiglie trasformavano giovani e bambini in combattenti, quindi non si faceva distinzione tra combattenti e non combattenti”, un concetto che ha scatenato l’uccisione indiscriminata. (Acevedo, 2016)

ivTestimonianza del procuratore per i diritti umani del Ministero pubblico del Guatemala Orlando López durante il processo per genocidio contro il generale Ríos Montt. (Acevedo, 2016)

vMetafora utilizzata dalla controinsurrezione per alludere al fatto che consideravano i guerriglieri come pesci e le popolazioni indigene come l’acqua in cui si rifugiavano.

vi La Prensa Comunitaria Km 169 sottolinea che in questi villaggi costruiti dall’esercito «ad ogni angolo c’era un palo con altoparlanti attraverso i quali, 24 ore su 24, si ascoltavano prediche e inni evangelici cristiani“, perché i villaggi erano stati costruiti con denaro dello Stato e delle chiese evangeliche statunitensi, con le quali l’allora dittatore Efraín Ríos Montt intratteneva stretti rapporti” (2019).

Disfare n.2 | per la lotta contro il mondo-guerra

È uscito il secondo numero di “Disfare – per la lotta contro il mondo-guerra”, estate 2025.

Riceviamo e diffondiamo:

Per richiedere copie / To request copies / pour demander des exemplaires: disfare@autistici.org

52 pagine, 4 euro a copia, 3 euro per i distributori (dalle 3 copie in su)
52 pages, 4 euros per copy, 3 euros for distributors (from 3 copies upwards)
52 pages, 4 euros par exemplaire, 3 euros pour les distributeurs (à partir de 3 exemplaires)

Scarica il PDF dell’editoriale “Dietro la ragion di Stato c’è Hiroshima, c’è Guantanamo, c’è Gaza”, in italiano e in spagnolo.


Scarica il pdf dell’articolo “Processo alla resistenza palestinese” del Collettivo Hurriya! Pisa sul caso di Anan Yaeesh.

Scarica il pdf dell’articolo “Terrorizzare e reprimere” di Tiravento.

L’esercito dei senza voce dell’Ucraina: i disertori ucraini parlano

In ucraino, “SZCh” sta anche per “Coraggio, Coraggio, Onore”. Foto dal sito web di un negozio online.

Mentre la diserzione di massa dei soldati dalle forze armate ucraine è uno dei più grandi atti di disobbedienza civile nella storia del paese dal 1991, c’è un silenzio pressoché completo al riguardo nei canali di informazione stranieri. Dalla fine dello scorso anno, il numero di processi ai sensi dell’articolo 407 (abbandono non autorizzato di un’unità militare, o SZCh) e dell’articolo 408 (diserzione) del codice penale ucraino è rimasto stabile, circa 17.000 al mese. Nei primi otto mesi del 2025, sono stati registrati 142.711 procedimenti penali ai sensi di questi articoli e un totale di 265.843 casi sono stati registrati in Ucraina dall’inizio dell’invasione su vasta scala, al 1° settembre 2025.

Per ridurre in qualche modo questo flusso, il 4 settembre il parlamento ucraino ha approvato in prima lettura il disegno di legge n. 13260, che reintroduce la responsabilità penale per SZCh. In precedenza era possibile evitare l’azione penale rientrando volontariamente in servizio. Questa garanzia era stata estesa più volte fino al 30 agosto. Ora il disegno di legge propone di rimuovere la possibilità che la corte applichi misure alternative. In una intervista di settembre su Sky News, il macellaio supremo [Zelensky] ha dichiarato che l’Ucraina non invia più il suo personale militare ad addestrarsi all’estero, dove moltissimi soldati sono scomparsi dai campi di addestramento e hanno ricevuto protezione.

La natura di questo fenomeno è espressa direttamente da voci pubblicate da Assembly quest’estate. Citiamo qui una testimonianza dalla regione di Vinnytsia sull’invio di ex personale SZCh in brigate d’assalto, verso morte certa:

Bene, cari amici e fratelli in disgrazia, mi sono ritrovato in questo inferno per la seconda volta.
Questa volta, [sono stato catturato mentre ero] non in una escursione [per attraversare il confine], ma solamente per strada. I poliziotti mi hanno inseguito, mi hanno bloccato e poi [mi hanno portato] al Servizio militare. […] Stavo andando a lavorare e sono stato catturato. E poi è stato un inferno, non c’è altro modo per descriverlo.
Ci hanno trattato peggio degli animali, fumare [era permesso solo] sotto guardia in orari rigorosi, [non c’erano] telefoni, possibilità di chiamare, ecc., senza parlare del cibo o della sistemazione per dormire, anche se l’appetito mi manca.
Poi, una mattina, arrivano i rappresentanti [dell’esercito], parlano eloquentemente e ti invitano a servire la patria, quasi tutti rifiutano, poi un autobus [arriva] e via [vieni mandato] al centro di distribuzione.
Caserme, guardie con fucili automatici lungo tutto il perimetro, rappresentanti [dell’esercito] di nuovo, e tu rifiuti, ma ti prendono e ti mandano in caserma.
Le formazioni vengono chiamate ogni due ore, e tu aspetti con il sedere chiuso, aspettando che la tua brigata sia chiamata, sperando di rimanere in caserma per un altro giorno e finalmente uscire da questo casino.
Ci sono altri ragazzi intorno a te, gli occhi si muovono, e questi occhi stanno cercando una via d’uscita proprio come te, ma più vaghi, più questa speranza svanisce…
Tutti capiscono perfettamente che tutte le brigate a cui si è assegnati sono forze d’assalto aviotrasportate, e probabilmente non ti resta molto da vivere. Come ha detto un ragazzo: “Ragazzi, non avrete un addestramento militare, al massimo tre o quattro giorni per ricomporvi e poi andare”.
Non so come descriverlo. Ho sentito così tante storie su quello che sta succedendo al fronte, è semplicemente orribile…
Sono scappato, sono miracolosamente scappato! Non dirò come, dirò solo che è stato incredibilmente sfacciato e stupido, ma ha funzionato. Mi sono appena reso conto che non avevo scelta e dovevo correre il rischio.
[…] Quello che voglio dire a quelli già in SZCh: ragazzi, non correte rischi inutili. Non sai mai dove finirai una seconda volta e come potrebbe finire.
Pace e bontà a tutti. Prima o poi tutto questo finirà, vorrei che finisse prima, ovviamente.

Il destino di quei fuggitivi che sono stati arrestati mentre tentavano di attraversare il confine è particolarmente crudele. Questo interlocutore di Odessa è stato catturato in estate al confine con la Transnistria, dove due mesi dopo una guardia di frontiera ucraina ha sparato e ucciso un civile:

Dove mi trovavo c’era una recinzione alta fino alla vita, poi una recinzione di filo spinato e oltre quella un fossato. Ho semplicemente saltato la recinzione. La recinzione aveva il filo spinato a livello della vita e sopra di essa. Ci sono semplicemente salito sopra, ho afferrato il supporto superiore con la mano, ho calpestato il filo spinato all’altezza della vita, mi sono arrampicato, poi sono saltato giù. Le guardie di frontiera erano persino sorprese che la recinzione fosse intatta. Tutto quello che dovevo fare era uscire dal fosso ed essere libero, ma le guardie di frontiera mi hanno individuato e mi hanno tirato fuori. Mi trovavo, molto sfortunatamente, a circa 50 metri di distanza da dove erano in servizio. Stavo saltando dalla recinzione, mi hanno sentito, hanno gridato “ferma”, e sono corso e sono caduto in un fossato alto circa cinque metri e largo sei metri. Il risultato: una costola rotta o fratturata. Non sono stato portato in ospedale, quindi non lo so per certo. Mi hanno portato al Servizio militare, dove ho trascorso tre giorni. Poi sono riuscito a scappare e ora mi sto riprendendo per il prossimo tentativo [di fuga].

Un fuggitivo mobilitato, che vive a Kharkov, racconta chiaramente qual è la classe sociale dei nuovi rinforzi dell’esercito:

È difficile per i senzatetto ora; gli uffici di reclutamento militari li stanno praticamente rastrellando… Recentemente sono stato catturato da un minibus io stesso. Sopra c’erano due tossicodipendenti, due senzatetto, uno che è “solo” un povero e un tipo che parlava da solo. Fondamentalmente, a quanto ho capito, cercano di rastrellarli in luoghi in cui non sono molto visibili, la mattina presto, nei cortili, dietro i garage e così via, ed è così che stanno radunando un tale contingente. […] Ora stanno cercando di reclutare tutti. […] Non ci sono più combattenti volenterosi; tutto è appeso a un filo sottile e potrebbe crollare in qualsiasi momento, anche se l’attore [Zelensky] e la sua banda sembrano fregarsene. […] Sono rimasti in pochi a combattere dal 2022. Tutti stanno cercando un modo per fuggire dal servizio con qualsiasi pretesto: 200.000 persone SZCh. Quelli che sono più giovani e hanno braccia e gambe scappano. Chi rimane sono le anime povere e i senzatetto con una serie di malattie. […]”.

[…] La diserzione di massa dall’esercito ha radici profonde nella storia ucraina, risalenti all’insediamento nelle regioni orientali del paese nel XVII secolo. I vasti territori della steppa conosciuti come Campi Selvaggi, insieme alle colonie imposte amministrativamente dalla Russia centrale, videro l’arrivo di cosacchi ucraini e contadini in fuga dall’oppressione dei signori feudali polacchi, determinati a obbedire a nessuno se non ai loro atamani [presso i cosacchi, comandanti di armata]. Per un periodo, hanno ottenuto autonomia e privilegi dal governo russo. Questa eredità si è poi manifestata vividamente durante la rivoluzione sociale del 1917-1918, in seguito al crollo dell’esercito zarista. […]

Finché i disertori ucraini rimarranno una massa amorfa e silenziosa, vivendo per il qui e ora e non fidandosi di nessuno se non dei loro amici più cari, le tappe della morte continueranno ad avanzare, a mano mano che sempre più persone finiscono catturate rispetto a quelle che riescono a fuggire.

Gruppo anarchico “Assembly”, Kharkov
Settembre 2025

Disfare n.1 | per la lotta contro il mondo-guerra

È uscito il primo numero di “Disfare – per la lotta contro il mondo-guerra”.

Riceviamo e diffondiamo:

Per richiesta di copie: disfare@autistici.org
36 pagine, 3 euro a copia, 2 euro per i distributori (dalle 3 copie in su)

Scarica il pdf dell’anteprima: disfare_1_anteprima

 

Editoriale

Europa anno zero

Mentre, nello Studio Ovale della Casa Bianca, urla in faccia a Zelensky: «Vai in giro e costringi i coscritti in prima linea perché hai problemi di uomini», JD Vance non fa altro che svelare al mondo intero ciò che per tre anni è stato nascosto dalla propaganda di guerra atlantica, e che viene adesso rinfacciato – strumentalmente e non certo per motivazioni etiche – dal nuovo corso USA, di fronte ad una guerra evidentemente persa e ormai sfacciatamente scaricata sulla popolazione europea. Un’Europa la cui classe dirigente – riaffermando la difesa fino all’ultimo ucraino con la retorica della “pace giusta” – annuncia con patriottismo democratico scellerati piani di riarmo e deterrenza nucleare.

La guerra è l’orizzonte storico terribile del nostro tempo.

In Svezia e Norvegia vengono distribuiti opuscoli e si allargano i cimiteri per predisporre la popolazione all’eventualità di una guerra con la Russia; Von der Leyen dichiara di volere «la pace attraverso la forza»; Macron propone di estendere la force de frappe francese all’Europa; in Lombardia si dispone l’ampliamento delle scorte di iodio nell’eventualità di attacco nucleare; la NATO promuove la mobilitazione della società civile dei paesi alleati nell’Indopacifico per preparare un conflitto con la Cina; l’esercito italiano si prepara ad arruolare quarantamila soldati in più.

In un quadro di interdipendenza tecnologica e finanziaria fra Cina e Stati Uniti, con l’elezione di Trump viene alla luce lo scontro in atto da anni tra la fazione globalista e quella sovranista delle classi dirigenti occidentali. Per sommi capi, la prima è decisa a uno scontro diretto e a qualsiasi costo con la Russia, la seconda favorevole a un’intesa col Cremlino per puntare, nel giro di alcuni anni, direttamente contro la Cina, ma entrambe convergono su un punto preciso: il riarmo europeo (peraltro deciso e annunciato molto tempo prima del ritorno di re Donald). Un gioco di specchi e provocazioni che, mentre potrebbe sfociare da un giorno all’altro nell’annientamento nucleare dell’umanità intera, trasformerà l’Europa, se non in un cumulo di macerie radioattive, in una fortezza blindata e militarizzata, dominata da un’economia di guerra che assorbirà tutte le risorse e le energie sociali.

La guerra del nostro secolo è ibrida, totale, asimmetrica, civile. Il suo campo di battaglia è ovunque.

La guerra del XXI secolo è una guerra senza limiti, che assume forme varie e pervasive. Si snoda tra i flussi energetici, prende la forma di attentati e sabotaggi di Stato, incorpora pienamente il denaro, i mezzi di informazione e i social network. La centralità assunta dalla tecnologia e dallo sviluppo scientifico si riverbera in ogni ambito del conflitto guerreggiato, attraverso droni, applicazioni che coinvolgono la popolazione nei servizi di intelligence (ad esempio per segnalare le posizioni delle unità nemiche), così come con la rivoluzione dell’intelligenza artificiale nelle dottrine militari, che ha un peso e delle conseguenze paragonabili all’invenzione del nucleare. Se l’IA e le tecnologie digitali sono fondamentali per fare la guerra, la ricerca del primato su questi dispositivi alimenta la competizione su scala internazionale per il saccheggio di materie prime e la vampirizzazione energetica. Le ipotesi di “deterrenza batteriologica” e la valenza apertamente militare dei bio-laboratori fanno coincidere guerra guerreggiata e guerra al vivente.

Non per questo vengono meno forme “tradizionali” e sanguinose, riemergenti nei fronti di una guerra mondiale che per ora sarà anche «a pezzi», ma che si delinea sempre più chiaramente come prodotto della crisi dell’egemonia globale statunitense e contesa con i suoi sfidanti, in particolare la Cina. Sul fronte ucraino, la leva di massa e la guerra di posizione ci ricordano quanto avveniva durante la Prima Guerra Mondiale. Sul fronte mediorientale, dove per gli USA mantenere saldo il colonialismo d’insediamento israeliano – sorto come avamposto degli interessi occidentali – significa cercare di preservare il proprio predominio sulla regione, il genocidio sionista a Gaza e in Cisgiordania riporta all’attualità quanto avvenne durante la Seconda Guerra Mondiale. In nessun caso si tratta però di un ritorno del Novecento, bensì del reciproco alimentarsi di progresso tecnico e mobilitazione generale nella guerra totale del XXI secolo.

Il potenziamento della tecnica è oggi l’orizzonte centrale per le forze che si contendono il dominio del mondo.

Con un rovesciamento tra il concetto di mezzo e quello di fine, la tecnica guidata dalla scienza moderna si afferma secondo una propria logica. Il ruolo del sistema satellitare Starlink di Elon Musk – impostosi con la guerra in Ucraina – dà la misura di un protagonismo inedito delle multinazionali dell’high-tech, ma, come in altre fasi della rivoluzione industriale, non viene meno il ruolo dello Stato, che anzi assume una rinnovata centralità. Non è un caso che il Progetto Stargate della nuova amministrazione USA – 500 miliardi per lo sviluppo dell’IA – sia stato paragonato al Progetto Manhattan, quello che portò ai bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki.

La natura automatizzata del genocidio a Gaza appare come la sperimentazione sui “selvaggi delle colonie” di quello che rischia di accadere ai civilizzati stessi, allo stesso modo in cui il genocidio degli Herero in Namibia da parte del colonialismo tedesco (e l’insieme dei genocidi commessi dalle altre potenze coloniali) precedette e preparò l’attività dei campi di sterminio durante il nazismo. E mentre diventa sempre più chiaro come nell’organizzazione del mondo-guerra vi sia un’umanità eccedente di cui si può fare a meno e che va gestita o eliminata, si sta sdoganando l’idea che si possa fare a meno dell’umanità in quanto tale (come sostenuto apertamente da alcune correnti tecnocratiche tutt’altro che lontane dalle stanze dei bottoni).

La guerra è prima di tutto un fatto di politica interna – e il più atroce di tutti.

Così metteva in guardia Simone Weil, ventiquattrenne, nelle sue Riflessioni sulla guerra (1933), rispetto all’errore di considerare la guerra come un fatto di politica estera. Se i fatti drammatici a cui assistiamo ogni giorno in diretta streaming rischiano di apparirci distanti, la guerra è più vicina di quanto inconsciamente ci auguriamo.

A pochi passi da noi stanno infatti le sue molteplici basi materiali – dai centri decisionali alle fabbriche d’armi e munizioni, passando per snodi logistici che sono parti integranti della logistica militare e un sistema universitario che fa da laboratorio all’industria bellica –, sempre più nutrite da imponenti piani di riarmo. E nel mondo datificato e digitalizzato i confini fra civile e militare sono continuamente superati in entrambi i sensi: una app che oggi viene usata per profilarci come consumatori, pazienti sanitari o “cittadini digitali”, può servire, altrove come qui, per mettere al bando, arruolare, o eliminare una parte di umanità considerata nemica o inutile, mentre i dati che produciamo tutti i giorni sono direttamente al servizio della sorveglianza e degli eserciti.

Se è vero che la guerra parte da qui, è altrettanto vero che la guerra torna indietro. Ritorna come necessità di “pacificare” le retrovie, militarizzandole: la sperimentazione delle “Zone Rosse” dopo Capodanno, il tentativo di varare un codice da legge marziale col Pacchetto Sicurezza (firmato anche dal ministro della Difesa), l’estensione del “modello Caivano” ad altre periferie. Sul piano interno, sono numerose le conseguenze a cascata del conflitto tra gli Stati fatte pagare alle classi dominate – aumento delle bollette, precarizzazione ulteriore del lavoro, fine di quel che rimane del cosiddetto “Stato sociale” – giustificate dalle necessità del riarmo e della difesa nazionale e Europea, con l’utilizzo costante dell’emergenzialità e la militarizzazione delle emergenze. È ciò che abbiamo ampiamente vissuto durante il “periodo pandemico”, in cui la guerra al virus ha predisposto il terreno per la guerra attuale con la sperimentazione su larga scala di una mobilitazione generale.

La guerra totale è contemporaneamente guerra civile globale.

Le condizioni di questa guerra civile sono ampiamente in essere anche alle nostre latitudini, come più d’uno ha affermato già nel secolo scorso. Il venir meno di collanti ideologici, la conflittualità intestina allo Stato e pure alle classi frantumate, sono sintomi che la barbarie non è qualcosa di lontano, ma si dispiega anche all’interno delle mura erette dalla “civiltà” e dal “progresso”. Basti pensare a quanto accade nelle periferie come riflesso della “guerra tra poveri” – italiani contro stranieri, disoccupati contro lavoratori “del nero”, piccoli esercenti autorizzati contro abusivi, regolari contro clandestini, abitanti delle case popolari contro occupanti, cittadini contro rom, antagonisti contro “maranza”… Se poi ci spostiamo nel Regno Unito, vediamo tornare né più né meno che i pogrom (con migranti e islamici al posto degli ebrei e dei rom). Se le insurrezioni e le rivoluzioni moderne sono sempre delle guerre civili, i due termini non coincidono. Oggi siamo precisamente in presenza di una guerra civile ubiqua e orizzontale in assenza di guerra sociale.

Capita però che talvolta il conflitto si esprima verticalmente, come nelle sommosse di George Floyd e poi, con una composizione socialmente diversa, e per certi aspetti opposta, nell’assalto a Capitol Hill (USA, 2020 e 2021: prima proletari di tutti i colori contro padroni e istituzioni, e in particolare contro la polizia; poi una miscellanea di classi, ma tendenzialmente plebee e bianche, contro l’elezione di Biden); negli scontri dei popoli nativi contro il marco temporal dell’agroindustria (Brasile, 2023); nelle sommosse delle banlieues francesi (dal 2005 alle più recenti “rivolte di Nahel”) e, alle nostre latitudini, nelle accese manifestazioni antipoliziesche dopo l’assassinio di Ramy Elgaml a Milano da parte dei carabinieri.

I fenomeni di disintegrazione sociale rappresentano in ogni caso una minaccia per l’ordine costituito, a cui lo Stato risponde in maniera autoritaria, in modo del tutto trasversale alle  tassonomie di governo formali (democrazia vs. autocrazia), senza mediazioni se non quelle offerte dal progresso tecnico. Basti pensare alla digitalizzazione e biometrizzazione delle identità legali, tramite cui l’identità civile diventa indistinguibile da un dispositivo di sorveglianza automatizzato. Oggi il “cittadino” che si rivolta o non obbedisce è sempre più meccanicamente “messo al bando”.

Prendere atto della tendenza alla guerra non significa accettarne l’inevitabilità.

Nonostante la religione dell’ineluttabilità sia il motore del nostro tempo, alcuni segnali sembrano incrinarla. In Ucraina, dopo la sbornia nazionalista, il sostegno alla guerra ha lasciato il posto a forme di renitenza, diserzione e non-collaborazione di massa che pesano non poco sulle sorti di quel conflitto e lasciano intravedere un possibile crollo del fronte occidentale. Nel frattempo, il genocidio a Gaza ha alimentato un movimento globale vasto e articolato che, grazie ad alcune testarde minoranze, ha riscoperto forme d’azione diretta e ha portato l’intifada nei campus statunitensi, facendosi carico di dire il non-detto, cioè il fondamento bellico e genocida del capitalismo occidentale. L’estensione della guerra a tutti gli ambiti della società moltiplica le opportunità di ammutinamento e sabotaggio, offrendo alla variabile umana inedite occasioni di inceppare la macchina mortifera.

La propaganda di guerra – paradossalmente – ha avuto invece presa su alcune minoranze della minoranza antagonista, arrivate a esprimere sostegno a una sedicente, e inesistente, resistenza ucraina, e a esitare, nel contempo, a sostenere la resistenza palestinese, con la totale incapacità di distinguere tra un’ondata nazionalista fomentata e armata dalla NATO (e con autentici nazisti in prima fila, tra Parlamento, squadroni della morte, esercito, polizia, Guardia Nazionale) e una resistenza anticoloniale contro un colonialismo d’insediamento ancora in corso. Se i socialisti parlamentari di un tempo votarono i crediti di guerra, i loro ridicoli e corrotti eredi “progressisti”, dopo un secolo di collaborazionismo di classe, sostengono il piano di riarmo “ReArm Europe” e indicono piazze guerrafondaie “per la libertà”, volte unicamente a sostenere la prosecuzione del massacro in corso in Ucraina.

A centodieci anni dall’entrata in guerra dell’Italia nel Primo Massacro Mondiale e a ottant’anni dalla fine del Secondo sul suolo europeo, sono la storia dell’antimilitarismo rivoluzionario e ancor più quella di chi lo ha abbandonato abbracciando la causa della “guerra giusta” di turno a illuminare tragicamente la strada da percorrere. L’unico modo di sottrarsi a guerre fratricide è assumere la logica del disfattismo e le sue implicazioni, ovvero adoperarsi per la rovina della parte capitalista che ti vuole arruolare e intruppare, e l’unico modo per sottrarre il disfattismo dall’arruolamento da parte del campo capitalista avverso è la logica dell’internazionalismo: quella con la quale ogni sfruttato vede il proprio nemico nel padronato di casa propria, solidarizzando con i propri fratelli e sorelle dall’altro lato del fronte.

¯¯¯

Con questo sguardo sul mondo nasce disfare, bollettino periodico in parte dedicato ad affrontare nodi cruciali per interpretare il fosco orizzonte in cui agiamo, in parte a dare diffusione di testi contro la guerra totale, per lo più inediti in lingua italiana, provenienti dai vari fronti e retrovie del mondo e anche dal passato.

Il bollettino uscirà in quattro numeri annuali, un ritmo oltremodo lento per tenere il passo vertiginoso dell’attualità, ma che ci sembra – oltre che compatibile con le nostre energie – adatto al cristallizzarsi di un pensiero che provi ad avventurarsi oltre la superficie. Ci affidiamo a uno strumento cartaceo, senza escludere che possa essere affiancato da altri mezzi, convinti che nella dimensione digitale tutto sfreccia e poco o nulla si posa, rumore di fondo che non ha più importanza di qualsiasi altro rumore.

Di fronte all’accelerazione di eventi di portata storica che stiamo vivendo, ci sembra utile dotarci di una pubblicazione che possa fornire uno spazio di discussione e in cui possano dialogare fra loro esperienze di lotta e analisi, anche geograficamente lontane e magari divergenti tra di loro, con il desiderio che questo possa stimolare pensiero e azione. Per questo invitiamo chi ci legge a contribuire con testi, grafiche, segnalazioni, critiche, diffusione. Nella speranza che l’accelerazione di questi tempi bui non ci trovi del tutto impreparati.

 

 

marzo 2025.

9 MARZO, BUCAREST (ROMANIA).

Calin Georgescu non è stato ammesso alle elezioni presidenziali che si terranno in Romania a maggio. L’Ufficio Elettorale Centrale ha respinto il suo dossier, formalmente per la sua dichiarazione patrimoniale, che differisce in modo significativo da quella del novembre 2024. Georgescu potrà presentare ricorso. La non ammissione alle elezioni si inserisce in un filone già visto nell’ambito delle democrazie occidentali, volto alla neutralizzazione di leader populisti identificati come “antisistema”. Davanti alla sede dell’Ufficio Elettorale Centrale sono esplosi scontri tra sostenitori di Georgescu e polizia in antisommossa. I manifestanti hanno sfondato le recinzioni e ribaltato un camioncino della rete televisiva DIGI.

1 MARZO, VENEZIA (ITALIA).

Riceviamo e diffondiamo, a proposito del corteo contro la guerra in epoca di carnevale. “Ancora in piazza al fianco del popolo palestinese, anche se l’attenzione cala, la kefiah passa di moda, e i colori palestinesi lasciano il posto ad altre casacche… Il genocidio non è finito, si è “geograficamente spostato”, ma l’infamia in atto continua; (…) Ancora in piazza contro il conflitto in Ucraina, che in tre anni di guerra per gli interessi delle borghesie occidentali, da decenni impegnate per espandersi ad est a danno della Russia (Donbass ed EuroMaiden), ha dimostrato come lo scontro tra poli imperialisti miete vittime tra i proletari russi e ucraini, scaricando i costi economici della guerra sulla classe oppressa europea. Ancora in piazza per ricordare che alla guerra capitalistica si può rispondere solo con la diserzione (…)”. Testo integrale QUI.

9 MARZO, LECCO (ITALIA).

Contributo dei compagni di Assembly alla giornata di discussione contro la reintroduzione della leva obbligatoria in Europa, per il disfattismo anarchico. “In generale, possiamo dire che nulla è cambiato rispetto alla mobilitazione e agli atti di diserzione e rivolta rispetto all’anno scorso, tranne che le persone in strada sono ora un po’ più attive nel combattere i cacciatori di teste, e il desiderio di vendicarsi di coloro che li hanno spinti ad arruolarsi nell’esercito è aumentato tra i militari. Alla fine di febbraio, c’è stato un caso del genere a Voznesensk, nel sud dell’Ucraina: un militare che aveva abbandonato senza autorizzazione l’unità (SZCh), ubriaco, ha lanciato una granata F-1 sul terreno del centro di arruolamento a causa di una lite con la moglie e di una “percezione negativa delle loro attività” (l’esplosione ha messo fuori uso due auto di servizio, l’uomo è stato preso in custodia senza che fosse determinato l’importo della cauzione e ha ammesso la sua colpevolezza). Possiamo dire che la popolazione oggi non è più una mandria di sofferenti plagiati e che il regime sta iniziando a sentire la terra bruciare sotto i piedi? Sì, possiamo, ma con molta cautela, quasi come affermare che i coccodrilli stanno volando. Il pubblico, stanco della guerra, preferisce affidarsi a Trump e Musk, dimostrando la stessa mentalità coloniale dei Maidanisti da loro odiati: “finalmente è arrivato un buon padrone d’oltremare invece di uno cattivo, risolverà tutti i nostri problemi per noi e ci salverà dall’oppressione della banda verde [Zelensky e i suoi accoliti]. E finché le forze speciali americane non arriveranno a prendere d’assalto l’ufficio presidenziale, dovremmo nasconderci, sederci e aspettare“. Noi ne abbiamo scritto una settimana fa: “Per la generazione precedente, intrappolata nelle trincee del tritacarne “di posizione”, tre anni dal momento in cui era iniziata la guerra erano stati sufficienti per realizzare la Rivoluzione di febbraio attraverso uno sciopero generale e la presa della capitale da parte dei soldati ribelli, nonché per scuotere la sedia sotto Kerenskij, che chiedeva di continuare a combattere. Né la mancanza di Internet, né l’analfabetismo della maggioranza della popolazione, né il sostegno alla continuazione della guerra da parte degli alleati dell’Intesa hanno impedito questi eventi. Senza andare in un passato così lontano, a gennaio di quest’anno c’è stato il terzo anniversario della rivolta della classe operaia del Kazakistan, annegata nel sangue dalle forze di sicurezza locali con il supporto dell’esercito russo e su richiesta del capitale occidentale. Per molti versi, è stato un esempio di come non agire, ma questo è il suo valore: come primo tentativo di rivoluzione sociale nei paesi post-sovietici . Qualcuno è interessato a studiare questa esperienza? Nessuna unione di massa per difendere anche i più basilari diritti umani nella Repubblica Antipopolare dell’Invincibilitistan si è ancora osservata, e poche persone vogliono anche solo discuterne al momento. Il paziente è più morto che vivo”. Naturalmente, possiamo anche aggiungere che un mese fa il primo agente di arruolamento è stato ucciso nella regione di Poltava. Sebbene non abbia cambiato nulla, forse i cacciatori di teste hanno iniziato a operare un po’ più attentamente.”

14 MARZO, TORINO (ITALIA).

“Life Not War” è la scritta dipinta sulla ciminiera all’interno del quartier generale di Leonardo Spa, in corso Francia a Torino. Protesta degli attivisti di extinction rebellion a pochi giorni dall’approvazione del piano ReArm Europe proposto dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen per investire nella difesa e riarmare l’Europa.

 

15 MARZO, TRENTO (ITALIA).

Contro le piazze guerrafondaie “per la libertà” lanciate dai sinistri, segnaliamo: “Questo sabato 15 marzo ci sarà anche a Trento una “piazza per il riarmo europeo”, convocata dal giornale “Il Dolomiti”. Vi prenderà parte – tra gli altri politicanti – anche l’immondo sindaco Ianeselli (PD), già responsabile della devastazione ad alta velocità di Trento e dintorni. Chi odia le guerre dei padroni e non intende pagarle con decenni di lacrime e sangue è chiamato a scendere in piazza”.

14 MARZO, ODESSA (UCRAINA).

Uno dei principali esponenti dell’estrema destra ucraina e delle sue squadracce, Demian Hanul, è stato assassinato a colpi di pistola. Il sospettato, al momento detenuto, è un disertore dell’esercito. “Il 23 febbraio 2025 il sospettato era stato messo nella lista dei ricercati come persona che ha arbitrariamente abbandonato l’unità militare“, ha dichiarato il capo della polizia ucraina.

FEBBRAIO, (RUSSIA).

Gli Yupik, anche conosciuti come Eschimesi, sono una popolazione nativa nell’estremo est della Russia, già colonizzata e oggi ulteriormente decimata dalla guerra in Ucraina. Le comunità erano già in pericolo per la competizione intorno alle preziose risorse naturali e per la crescente militarizzazione dell’Artico che coinvolge Stati Uniti, Cina e Russia. Le abilità nella caccia dagli uomini li hanno resi allettanti per la macchina da guerra e un numero proporzionalmente significativo è stato costretto a combattere in Ucraina. “Ci sono probabilmente 20 ragazzi del mio villaggio che combattono per la Russia, e cinque sono morti finora“, ha dichiarato un membro di una comunità intervistato da Metro. “Ci siamo trovati a vivere in insediamenti trattati come una superficie per attività nucleari e altre attività militari e per l’estrazione di risorse naturali“.

febbraio 2025.

3 FEBBRAIO, (USA/EUROPA).

La predazione del sottosuolo in Ucraina (il cd. “scudo ucraino”) e la guerra delle materie prime. Trump: “Terre rare ucraine in cambio degli aiuti USA alla difesa“. Scholz: “Egoistico, le terre rare vengano usate per la ricostruzione dell’Ucraina“. Le terre rare, 17 elementi chimici fondamentali per lo sviluppo del capitalismo digitale e green. Dal nucleare “pulito” ai pannelli fotovoltaici, dall’industria militare alla diagnostica medica, dalle auto elettriche all’aerospazio, passando per la produzione di batterie, smartphones, microchip.

8 FEBBRAIO, CATANIA (ITALIA).

E’ nella continuità tra pace capitalista e guerra guerreggiata che va compresa l’importanza di difendere la possibilità dell’umano gesto di rifiuto. La guerra è qui ed è ovunque, non solo perchè il treno o la nave di passaggio nei luoghi in cui viviamo possono trasportare merci tra cui armi e munizioni, la ricerca scientifica che si produce in Università è al servizio della guerra, ma anche perchè un dispositivo funzionale a profilarci in quanto “consumatori” o “cittadini”, può servire a sorvegliarci e, all’occorrenza, metterci al bando o puntarci addosso un missile. Il rifiuto popolare della guerra, tuttavia, è grande, la forza sta nelle mani e nel cuore di ciascuno di noi. Per questo gli Stati cercano di serrare i ranghi della popolazione. Prendendo esempio dalle decine di migliaia di atti di diserzione e rivolta che avvengono sul fronte della guerra in Ucraina, che cosa può significare disertare qui, nelle retrovie, tra noi che non siamo direttamente chiamati alle armi ?

 

11 FEBBRAIO, KRYVYJ RIH (UCRAINA).

A Kryvyj Rih, storico polo dell’industria del ferro e città natale di Zelensky, la popolazione rimasta senza riscaldamento da novembre è scesa in piazza per protestare. Inizialmente circa 130 mila residenti, scuole e ospedali, erano rimasti senza riscaldamento. Oggi circa 600 case rimangono senza riscaldamento. La gente ha bloccato una strada nel quartiere storico di Kres, chiedendo un incontro con il direttore dell’ente gestore del gas. Molti commentatori informati in questi mesi hanno sostenuto che molte città in Ucraina sono a rischio crollo del sistema di riscaldamento. “C’erano problemi con il riscaldamento prima. Ma quest’anno hanno deciso di non fare nulla. Hanno dissotterrato le tubature in estate e non hanno fatto nulla. La Naftogaz non ha stanziato fondi, le autorità locali si sono ritirate” ha affermato alla BBC il presidente dell’Unione dei consumatori dei servizi pubblici, Oleg Popenko.

13 FEBBRAIO, RETE.

Gli hackers di 3AM rivendicano di aver colpito l’azienda capofila dell’industria di guerra italiana, a controllo pubblico, Leonardo Spa, tramite attacco ransomware a due suoi fornitori: Cae (gigante canadese del settore aerospaziale) e Rotorsim (joint venture tra Cae e Leonardo). Non è ancora chiaro quali dati aziendali siano stati hackerati.

13 FEBBRAIO, SAN PIETROBURGO (RUSSIA).

Sulla recinzione vicino alla chiesa Spaso-Konyushennaya è apparsa una scritta contro la guerra: “Non voglio abituarmi alla guerra”.

19 FEBBRAIO, (RUSSIA).
Recentemente ameno 63 persone provenienti dal continente africano sono state inviate al fronte dalla regione di Pskov, di cui 12 oggi. Non è la prima volta che i migranti vengono reclutati per rimpinguare le unità militari. In cambio di un contratto con il Ministero della Difesa, viene loro promesso un iter accelerato per ottenere la cittadinanza russa. Alcuni stranieri vengono reclutati sotto le mentite spoglie di un contratto di lavoro o di servizio in strutture di sicurezza. Dopo aver firmato il contratto, vengono mandati al fronte. Sono noti casi di reclutamento di migranti provenienti da India, Nepal, Iraq, Zambia e Cuba.
20 FEBBRAIO, KIEV (UCRAINA).
Presso l’ambasciata statunitense a Kiev è in corso una protesta – probabilmente in cambio di soldi, affermano i nostri contatti locali – contro il potente capo del gabinetto presidenziale ucraino, Andriy Yermak, noto come “Cardinale verde” di Kiev. I manifestanti, sventolando bandiere statunitensi, si sono rivolti al Presidente e al Segretario di Stato USA chiedendo loro di non avviare alcuna trattativa con Yermak. “L’Ucraina sta precipitando nell’abisso e Andriy Yermak è al timone. Mentre l’esercito combatte e la popolazione sopravvive, Yermak e il suo seguito si arricchiscono. È ora di porre fine a tutto questo!” Aggiornamento: i manifestanti sarebbero stati tutti arrestati. Questa protesta avviene in concomitanza con le ultime dichiarazioni di Trump dall’Air Force One: “È ora che l’Ucraina indica elezioni. E vogliamo sapere dove sono finiti i soldi che abbiamo mandato.
20 FEBBRAIO, TORINO (ITALIA).
Studenti occupano il Politecnico “contro i signori della guerra” in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico in cui è prevista la presenza del Ministro Tajani. Nel contesto di guerra, si legge nel testo fatto girare dagli studenti, “il Politecnico rappresenta la punta di diamante, la sua centralità strategica si manifesta attraverso la stretta collaborazione con aziende come Leonardo che traggono spropositati guadagni grazie alle guerre che stanno insanguinando ogni angolo della terra”. La presenza di Tajani è prevista per la mattina di venerdì 21 febbraio alle 9. Al momento tutti gli ingressi del Politecnico sono militarizzati, mentre gli studenti che hanno passato la notte nell’ateneo stanno bloccando gli accessi all’Aula Magna.
15 FEBBRAIO, SAVONA (ITALIA).
C’è stato un attentato terroristico di Stato in Liguria e non ce ne siamo accorti. La notizia continua a passare in sordina. A poche centinaia di metri dal porto di Vado Ligure (Savona), la petroliera “Seajewel” battente bandiera maltese è stata colpita da una doppia esplosione che ha causato una grossa falla. La petroliera non è saltata in aria né ci sono state fuoriuscite di petrolio in mare, ma l’attacco si configura come un “avvertimento” di Stato a dir poco inquietante. La questione riguarda l’ormeggio della “flotta fantasma” russa. Difficile non rilevare la sorta di rivendicazione dell’attentato pubblicata sull’Ukrainska Pravda il 17 febbraio: “Ship violating sanctions by transporting Russian oil to Europe struck by explosion in Italy”. Se le bombe su una petroliera con capacità di carico superiore alle 100mila tonnellate, a poca distanza dalla costa, avessero squarciato la chiglia come nell’intento di chi le ha posizionate, le conseguenze sarebbero state devastanti.
26 FEBBRAIO, BUCAREST (ROMANIA).
Il candidato alla presidenza Călin Georgescu è stato arrestato mentre andava a ricandidarsi. Il 6 dicembre la Corte Costituzionale rumena aveva infatti annullato le elezioni vinte da Georgescu. I rapporti dell’intelligence sostenevano che la sua campagna elettorale su TikTok portasse i segni di una “interferenza russa”. Tuttavia, l’Agenzia nazionale per l’amministrazione fiscale della Romania (ANAF) ha successivamente rivelato che la campagna fosse finanziata dal Partito nazionale liberale (PNL) filo-europeo. Politico di estrema destra, Georgescu definisce “eroi” l’ex dittatore filo-nazista rumeno Ion Antonescu e Zelea Codreanu, fondatore della razzista e antisemita Guardia di ferro. Georgescu gode di molta popolarità tra le masse che vedono nell’Unione Europea un nemico. E’ apprezzato anche dall’amministrazione Trump, tanto che il vicepresidente USA, JD Vance, nei giorni scorsi ha dichiarato che la Romania non può avere “valori comuni” con Washington “se si annullano le elezioni perché non ci piace il risultato”. L’annullamento delle elezioni si inserisce in un filone già visto nell’ambito delle democrazie occidentali, volto alla neutralizzazione di leader populisti identificati come “antisistema”. I capi d’accusa nei confronti di Georgescu sono almeno sei. L’uomo è stato interrogato per quattro ore prima di essere rilasciato e posto sotto controllo giudiziario per 60 giorni (non potrà lasciare il paese) . A Bucarest si è radunata una grande folla, che lo ha atteso fino alla sua ricomparsa.

FEBBRAIO, (USA-UCRAINA).
Elemento centrale nella rissa andata in scena nello studio ovale, la diserzione, fattore determinante nel crollo del fronte occidentale.Vai in giro e costringi i coscritti in prima linea perché hai problemi di uomini” si sente JD Vance dire, strumentalmente e non certo per preoccupazioni etiche, a Zelensky. Questa la situazione in Ucraina nelle ultime settimane, tra rastrellamenti in strada e resistenza, nel video postato da un noto blogger liberal della sinistra ucraina, emigrato.
26 FEBBRAIO, MARSIGLIA (FRANCIA).
Residenti del 15° e 16° arrondissement di Marsiglia si sono mobilitati contro il progetto del colosso britannico Segro, che vuole costruire una piattaforma logistica e un datacenter in una zona già oggetto di numerosi interessi logistici, dal porto all’autostrada. A Marsiglia la proliferazione di datacenter – oggetto fondamentale per alimentare il mondo-guerra in cui viviamo – è legata al fatto che sedici cavi sottomarini intercontinentali arrivano oggi in questa città, collegando l’Europa all’Asia, al Medio Oriente, all’Africa e agli Stati Uniti. Sono questi cavi intercontinentali che consentono alle informazioni digitali, al Cloud, all’Intelligenza Artificiale di funzionare. In Italia è l’area di Milano ad essere ormai satura di datacenter, tanto che oggi è Torino a veder aumentare l’interesse per nuovi investimenti, oltre ai 10 datacenter già presenti in città.

gennaio 2025.

GENNAIO 2025, (UCRAINA).

Le donne in prima linea nell’opposizione alla mobilitazione forzata in Ucraina.

Una delle principali forze in Ucraina, che oggi si oppone alla tirannia dell’esercito e della polizia in Ucraina, sono le donne. Le donne spesso cercano di combattere i membri del personale militare che cercano di rapire con la forza gli uomini per strada per mobilitarli e mandarli in prima linea. Non c’è un movimento organizzato di donne contro la guerra in Ucraina oggi, perché chiunque si opponga alla guerra è perseguitato e qualificato come traditore della patria. [come in Russia del resto… Ndt] Le donne ucraine sono anche tradite dal movimento femminista ucraino, diventato collaborazionista del militarismo, del nazionalismo e dell’autoritarismo ucraino.

Ecco alcuni video di questa resistenza antimilitarista, per la maggior parte filmati dalle partecipanti stesse.

Tutti questi video circolano attivamente sui social network ucraini, ma non sono pubblicati sui social network “mainstream” ucraini o occidentali. La redazione della pubblicazione antimilitarista “Dezertér”, edita in Repubblica Ceca, chiede di condividerli. (…) Guerra ai palazzi, pace alle case di paglia!”

5 GENNAIO, KIEV (UCRAINA).

In piazza Maidan a Kiev, un ragazzo ha cercato di bruciare le bandiere poste in memoria dei soldati caduti. Le ha bagnate con una molotov, ma non hanno preso fuoco. Lui stesso ha pubblicato il video su un social network con la sua faccia e le motivazioni dietro la sua azione. “È meglio lasciare che bruci la bandiera che l’intero Paese”, dice e parla di come “Maidan e le elezioni non ci salveranno”. La polizia ha dichiarato che sta cercando l’incendiario.

11 GENNAIO 2025, (UCRAINA).

Sinergie rafforzate tra lo Stato italiano e quello ucraino. L’11 gennaio si è tenuto un vertice tra il viceministro della difesa dell’Ucraina, il generale Anatoliy Klochko, ed una delegazione dell’Agenzia Industrie Difesa (AID), l’ente di diritto pubblico sotto il controllo del Ministero della Difesa italiano.

Le forze armate ucraine puntano ad utilizzare i proventi dei beni russi congelati dall’Unione europea per acquisire nuovi sistemi di “difesa aerea” prodotti dal complesso scientifico-militare-industriale italiano.

12 GENNAIO, (USA).

Parlando domenica alla rete statunitense ABC News, Mike Waltz, futuro consigliere per la sicurezza nazionale di Trump, ha dato un quadro più chiaro del “piano di pace” della nuova amministrazione rispetto all’Ucraina.

Per “stabilizzare la prima linea” in Ucraina, secondo la futura amministrazione statunitense dovrebbero essere sacrificati più giovani ucraini.

Un’altra cosa da affrontare è la stabilizzazione sul campo di battaglia. E’ una delle cose che chiederemo agli ucraini è che hanno problemi di reclutamento. La loro età di leva ora è di 26 anni, non 18, non credo che molte persone se ne rendano conto. [Abbassando l’età della mobilitazione] possono generare centinaia di migliaia di nuovi soldati“. Ha aggiunto che la squadra di Trump ha sentito parlare del basso morale dei soldati e dei problemi al fronte. “Ascolta, se gli ucraini chiedono al mondo intero di fare di tutto per la democrazia, abbiamo bisogno che lo facciano“, ha riassunto, ribadendo così la sacrificabilità della popolazione ucraina più povera in questa guerra per procura.

15 GENNAIO, EKATERINBURG (RUSSIA).

A Ekaterinburg un grosso striscione pubblicitario dell’Esercito è stato affisso sulla facciata di un edificio residenziale. In lettere giganti viene promesso per “il primo anno di attività un compenso da 5 milioni di rubli”. Simili striscioni compaiono sempre più spesso nelle zone residenziali in Russia, trasformando le case in piattaforme per la propaganda militare. Un altro tentativo di reclutare le persone con la promessa di grandi somme di denaro.

16 GENNAIO, (RUSSIA).

Putin ha firmato un decreto che richiama i riservisti per l’addestramento militare nel 2025.

Sulla base di questo documento, il dipartimento per la mobilitazione del Ministero della Difesa invierà una direttiva agli uffici regionali per la registrazione e l’arruolamento militare. Successivamente inizierà l’invio dei mandati di comparizione. E’ importante sapere che se non si risponde alla convocazione per l’addestramento, non esiste alcuna responsabilità penale, al massimo può essere inflitta una multa.

Invece se si risponde alla convocazione, durante l’addestramento si diventa a tutti gli effetti militari, il che significa che si è soggetti a responsabilità penale per crimini militari. Dopo una chiamata ufficiale per l’addestramento, si può essere ritenuti responsabili anche ai sensi degli articoli per abbandono non autorizzato di un’unità (articolo 337) o diserzione (art. 338 del codice penale della Federazione Russa).

16 GENNAIO, TRANSCARPAZIA (UCRAINA).

Protesta di una comunità rom contro i reclutatori dell’esercito (TCR) e la polizia.

17 GENNAIO, NERVIANO (ITALIA).

In un freddo e tardo pomeriggio di venerdì 17 gennaio ci siamo avvicinati il più possibile alla sede di Leonardo spa Divisione Elettronica di Nerviano (Milano) per ricordare a tutte e tutti che anche – e soprattutto – alle nostre latitudini si producono strumenti di guerra. Un po’ di vernice, qualche striscione, qualche volantino. Un piccolo segnale, da cui però partiamo. NO ALLA GUERRA“.

18 GENNAIO, GENOVA (ITALIA).

17 GENNAIO, NERVIANO (ITALIA).

In un freddo e tardo pomeriggio di venerdì 17 gennaio ci siamo avvicinati il più possibile alla sede di Leonardo spa Divisione Elettronica di Nerviano (Milano) per ricordare a tutte e tutti che anche – e soprattutto – alle nostre latitudini si producono strumenti di guerra. Un po’ di vernice, qualche striscione, qualche volantino. Un piccolo segnale, da cui però partiamo. NO ALLA GUERRA“.

21 GENNAIO, PINEROLO (ITALIA).

L’istituto superiore “A.Prever” di Pinerolo anche quest’anno organizza il Salone delle Forze Armate, dell’Ordine e del volontariato rivolto alle classe quinte, che svolgerà il 21 gennaio 2025. Interverranno rappresentanti dell’Esercito, Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza, etc. L’obiettivo dichiarato nella circolare della Dirigezione scolastica è di “orientare e far conoscere ai futuri maturandi del pinerolese i percorsi formativi, anche universitari, e le attività delle forze armate e dell’ordine.” Come era successo lo scorso anno, qualcuno non ci sta. “Opponiamoci alla militarizzazione della società! Opponiamoci alla presenza delle Forze Armate e delle Forze dell’Ordine nelle scuole e nella società! No alla cultura militare e della repressione! Ci incontriamo per un volantinaggio informativo martedì 21 gennaio 2025 a partire dalle ore 8:00 davanti all’entrata dell’istituto superiore A.Prever, Via Carlo Merlo, 2 – Pinerolo (TO)

25 GENNAIO, PINEROLO (ITALIA).
10 GENNAIO, (UCRAINA).
La polizia ucraina sta conducendo arresti su larga scala contro i “passeurs” che facilitano la fuga attraverso il confine di uomini renitenti. Più di 600 perquisizioni si sono svolte in tutto il paese il 10 gennaio. Qui il video di propaganda statale.
GENNAIO 2025, LOMBARDIA (ITALIA).
A proposito di cultura di guerra, patriottismo e mistificazione della memoria nelle scuole e nelle università, segnaliamo l’uscita di un bando in Lombardia per la XVII edizione del concorso scolastico rivolto a studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado: “Il sacrificio degli italiani della Venezia Giulia e della Dalmazia: mantenere la memoria, rispettare la verità, impegnarsi per garantire i diritti dei popoli“. Il Consiglio regionale della Lombardia, in collaborazione con l’Associazione Nazionale Alpini, bandisce anche per la III edizione due concorsi, per studenti delle scuole secondarie e universitari, dal titolo: “I valori degli Alpini per i giovani e la cultura del “fare”: memoria, protezione civile, campi scuola, spirito di servizio, amore per la Patria e per la pace”.
21 GENNAIO, ROMA (ITALIA).
Il Senato italiano ha approvato la risoluzione della maggioranza per la proroga fino al 31 dicembre del 2025 dell’invio di mezzi e armi all’Ucraina. Il testo è passato con 96 voti a favore, 26 contrari e 40 astenuti. Il contenuto dell’undicesimo pacchetto di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari all’Ucraina rimarrà secretato così come avvenuto per i precedenti. Sfoderando ancora una volta la retorica della “guerra giusta”, il Ministro della Difesa Crosetto ha dichiarato: “A nessuno di noi piace la guerra. (…) Quello che portiamo in Parlamento è un modo per aiutare l’Ucraina a difendersi, non un modo per aiutare la guerra a proseguire“. Si conferma il ruolo guerrafondaio del PD, che nella risoluzione presentata al governo non cita interruzioni né alcuna riduzione delle forniture di armi, ma anzi ribadisce la necessità di rispettare gli impegni con l’Ue e con la Nato. Il testo passa ora alla Camera.
2024-2025, (UCRAINA).
La guerra in Ucraina come fabbrica di dati militari. Oltre alla dimensione di poligono sperimentale e di vetrina commerciale per il settore bellico, grazie a un’inchiesta di Reuters emerge una nuova funzione della guerra in Ucraina: la produzione di dati militari per alimentare le AI che guidano i sistemi d’arma autonomi. QUI un estratto della puntata di “Bello Come Una Prigione Che Brucia” andata in onda su Radio Blackout il 20.01.25.
25 GENNAIO, TRENTO (ITALIA).
27 GENNAIO, TORINO (ITALIA).
Riceviamo e diffondiamo. “Sulla Mole e sui palazzi limitrofi sono comparse alcune scritte: AGGIORNIAMO LA MEMORIA – IL GENOCIDIO È ORA – PALESTINA LIBERA CONTRO LA GUERRA E LO STATO DI POLIZIA – NO DDL SICUREZZA – NO ZONE ROSSE”
31 GENNAIO, NAPOLI (ITALIA).
“Offuscare gli occhi della Macchina: guerra, Stato biometrico, diserzione” Discussione aperta con: redattori della Rivista anarchica Lahar, Happy Hour (Radio Blackout) e Carognavirus (Radio Neanderthal).
GENNAIO, SELIDOVO (RUSSIA).
8 ex detenuti reclutati nell’esercito russo hanno disertato il 1437° reggimento. Nello stesso reggimento, un comandante è stato accoltellato. “In breve, abbiamo alcuni ex detenuti disertori qui. Si stanno nascondendo. Vogliono assaltare qualcosa, prendere una macchina e venire a Selidovo. Quindi la situazione è piuttosto seria.”

27 GENNAIO, TORINO (ITALIA).

Anche a Torino, le zone rosse. Già allontanate almeno 8 persone nei primi due giorni.

31 GENNAIO, RIVNE (UCRAINA).

Blocco stradale nella regione di Rivne. La gente chiede di ripristinare le strade di confine che sono state bloccate o distrutte dalle Guardie di frontiera.

GENNAIO, (UCRAINA).

Di recente, il Comitato per la sicurezza nazionale della Verkhovna Rada ha annunciato che sta valutando l’aumento delle pene per SZCh (abbandono non autorizzato dell’Unità militare). E’ stata lanciata una campagna chiamata “Torna al fronte, stai lontano dalle accuse penali”. Di fronte a diserzioni massicce, lo Stato ucraino ha approvato una legge entrata in vigore nel Novembre 2024 che prevede la depenalizzazione per i soldati che abbiano lasciato l’unità una prima volta e siano però rientrati prima del primo gennaio, termine poi prorogato fino al 1° marzo . Queste continue manipolazioni legislative dimostrano che la “carota” della depenalizzazione volta a richiamare volontariamente le persone nell’esercito è fallita completamente. Secondo il giornale “Mirror of the Week” solo 7.000 soldati su 200.000 sarebbero rientrati nelle loro unità.

FEBBRAIO, CATANIA (ITALIA).